Nel caso si volesse ampliare un edificio con la costruzione di una tettoia, l’intervento va in edilizia libera o serve un titolo abilitativo?
La risposta, per un tecnico preparato, dovrebbe essere semplice ma, come spesso accade quando si parla di D.P.R. n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia), l’errore (in buona o malafede) si nasconde dietro le pieghe delle definizioni. È il caso dell’intervento del Consiglio di Stato con la sentenza 11 dicembre 2019, n. 8417 che interviene sul ricorso presentato per la riforma di una decisione di primo grado che riguarda proprio la demolizione di un fabbricato abusivo.
I fatti
Il ricorrente presentava ricorso in primo grado per l’annullamento di un’ordinanza di demolizione di un fabbricato completamente eseguito in legno destinato a legnaia in assenza del titolo abilitativo. Ricorso che veniva rigettato dai giudici del TAR ma che veniva riproposto in appello con le medesime motivazioni.
Veniva, infatti, contestata la definizione del manufatto che secondo il ricorrente sarebbe una “tettoia chiusa” mentre per il Comune, confermato dal TAR, avrebbe dovuto qualificarsi come nuova edificazione, in quanto costruzione completamente chiusa da muri perimetrali, pur destinata ad attività di servizio (quali deposito, ricovero attrezzi, legnaie etc.), quindi computabile in termini volumetrici e rilevante ai fini delle distanze e, come tale, realizzabile solo in quelle aree ove sono consentite nuove costruzioni.